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                        | Gioacchino 
                      da Fiore e Dante Alighieri 
                      
                         
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                                  | Dante 
                                    Alighieri. |  Agli inizi del secolo XIV la fama di profeta per 
                              Gioacchino da Fiore trova una sua definitiva consacrazione 
                              nei versi della Commedia di Dante Alighieri, 
                              il quakle per il Paradiso (XII, 140-141) 
                              scrisse i celebri versi:
 
 
  ".. 
                                elucemi dą latoil calavrese abate Giovacchino
 di spirito profetico dotato"
 
 Resta peraltro acora da indagare, in maniera del 
                              tutto convincente, nel contesto di molti altri aspetti 
                              del substrato enciclopedico dei suoi versi, il debito 
                              di ispirazione del poeta fiorentino nei confronti 
                              delle opere gioachimite, autentiche ovvero spurie: 
                              anche se, indubbiamente, alcune immagini della Commedia 
                              e gli ultimi versi del Paradiso (XXXIII, 
                              115-138) si leggono assai volentieri avendo di fronte 
                              agli occhi le tavole dei cerchi trinitari e talune 
                              altre figurae.
 
 Ecco altri esempi degli apporti gioachimiti nell'opera 
                              di Dante:
 
 la figura del Veltro liberatore e innovatore della 
                              Chiesa e della societą cristiana (Inferno I);
 
 il simbolismo di Beatrice come innovata Ecclesia 
                              Spiritualis (Purgatorio XXIX-XXX);
 
 l'enigma del Cinquecento Dieci e Cinque, il DUX 
                              che, come gią fece il biblico Zorobabel appunto 
                              nel 515 a.c., libererą la chiesa dalla schiavitł 
                              della nuova Babilonia (Purgatorio XXXIII);
 
 l'immagine dell'Aquila ingigliata (Paradiso XVIII-XIX-XX);
 
 la I con cui "s'appellava interra il Sommo Bene" 
                              (Paradiso XXVI);
 
 l'ordinamento del Paradiso dantesco e la visione 
                              della candida Rosa in cui si riflettono puntualmente 
                              la simmetria e la gerarchia del Salterio Decacorde 
                              e del Liber Figurarum (Paradiso XXXI);
 
 
 
 
                               
                                | I 
                                  testi sono tratti da: | "Gioacchino Abate di Fiore" |   
                                |  | Centro Internazionale di Studi Gioachimiti, 
                                  Edizioni Pubblisfera 1998. |  |  |  |  |  | 
 
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